
Guida ai modelli (non finestre!) di attribuzione


Di cosa parleremo oggi
Un modello di attribuzione è la regola o l’insieme di regole che determina il modo in cui una conversione viene assegnata a uno o più touch point nei percorsi di conversione.
In questa guida analizziamo insieme come funzionano i modelli di attribuzione per comprendere cosa succede sulle diverse piattaforme e analizzare il customer journey dei nostri clienti.
Facciamo un po’ di chiarezza sul tema “Attribuzione”
“Ads Manager, Google Ads e Google Analytics mi riportano dati diversi rispetto alle conversioni: come faccio a sapere chi e dove sbaglia?”
Penso che chiunque si sia anche marginalmente avvicinato al marketing digitale abbia letto questa domanda in qualunque gruppo/forum di settore abbia frequentato dal 2014 ad oggi.
E periodicamente a me capita di vederla passare sul feed di Facebook con una frequenza e un’insistenza sufficienti a farsi rivelare i segreti di fatima.
Per tale motivo, ho deciso di scrivere questa guida per fare un po’ di chiarezza sul tema “Attribuzione”, ossia sull’assegnazione del merito di una conversione a uno o più touchpoint di marketing digitale.
Partiamo da un punto fermo (nonché uno spoiler): nessuno ha ragione, nessuno ha torto.
Esistono solo punti di vista.
Eh sì, spero di non averti deluso, ma la verità è che non esiste un modello univoco e riconosciuto all’unanimità secondo cui è corretto attribuire azioni e conversioni ad un canale piuttosto che a un altro.
E questo perché?
Innanzitutto, perché non è fondamentale avere un unico modello (e non sarebbe nemmeno utile a mio avviso).
Quello che conta di più infatti è conoscere quali sono i modelli esistenti, analizzarli, confrontarli e trarne insight secondo cui ottimizzare le proprie azioni di marketing.
Non averne uno solo per semplificarsi la vita.
In più, non esiste perché queste piattaforme, il tracking, il marketing digitale in generale e i percorsi di acquisto multicanale hanno una storia ancora molto breve che allo stesso tempo evolve a una velocità supersonica.
Chi si immaginava dieci anni fa che la celeberrima casalinga di Voghera avrebbe potuto vedere una pubblicità in televisione, fare poi una ricerca in merito dal suo tablet cliccando sul primo risultato, incappare poi l’indomani in un adv dello stesso brand sull’app di Facebook (mentre scrive “Buongiornissimo kaffé!!!”), per poi la sera rivedere la stessa adv nelle storie di Instagram? Sedersi quindi davanti al computer con religiosa compostezza, abbassare gli occhialetti sul naso per vedere la tastiera, digitare l’indirizzo del sito direttamente nella barra dell’url e riuscire ad acquistare quel prodotto che aveva visto in televisione?
E chi può dire con certezza che il merito di quell’acquisto debba essere riconosciuto allo spot televisivo che ha attirato la sua attenzione per primo, o all’annuncio sulla rete di ricerca che le ha fornito ulteriori informazioni, o all’adv su Facebook e Instagram che l’hanno convinta o semplicemente le hanno risvegliato quel desiderio?
Nessuno.
Una cosa però è certa: di fronte ad una customer journey come quella della casalinga di Voghera, per quanto riguarda l’attribuzione, uno strumento di misurazione cookie-based avrà sempre delle falle rispetto ad uno strumento di misurazione people-based.
Gli strumenti di misurazione cookie-based (come Google Analytics) infatti non riescono (o fanno molta fatica) a “seguire” la casalinga nella sua customer journey tra i diversi device (computer, smartphone, tablet), i diversi canali (Rete di ricerca Google, Facebook, Instagram e sito web) e (magari) i diversi browser (Chrome, Safari, Mozilla ecc.).
Gli strumenti di misurazione people-based (come Facebook Analytics) sono invece in grado di farlo.
E non perché Facebook è più bravo di Google, ma perchè Facebook, avendo la possibilità di associare una persona con nome e cognome ad un ID utente univoco riesce ad attribuire azioni compiute cross-channel e cross-device (e anche cross-browser) alla stessa medesima persona.
In altre parole, in un’analisi del percorso di conversione basata sui cookie, possiamo analizzare un singolo touchpoint. In un’analisi del percorso basata sulle persone, possiamo analizzare più touchpoint insieme, rivelando percorsi di conversione più articolati, realistici e completi.
Questa peculiarità di Facebook ha portato quindi un grande cambiamento all’interno del dibattito circa i modelli di attribuzione, tanto che oggi si parla spesso di MTA, Multi-Touch Attribution.
Quali sono i vantaggi della MTA?
Come afferma Facebook, la MTA:
- Ti aiuta a capire i percorsi di conversione cross-device e people-based.
- Ti fornisce dati concreti per la distribuzione più efficiente della spesa pubblicitaria.
- Ti consente di analizzare le prestazioni su diversi dispositivi, campagne ed editori.
- Dimostra i limiti dell’uso esclusivo del modello basato sull’ultima interazione.
- Mostra quali sono i canali di marketing più e meno efficaci tra quelli che usi.
Ma veniamo ai diversi modelli di attribuzione.
È innanzitutto necessario operare sin da subito una dicotomia tra “Modelli basati sulle regole” e “Modelli statistici”.
I primi sono modelli di attribuzione che applichiamo noi ai dati secondo una nostra scelta arbitraria, ossia sono modelli che assegnano il merito delle conversioni a uno o più touchpoint in base alle “regole” che impostiamo (e che analizzeremo tra poco).
I secondi sono modelli di attribuzione che sfruttano gli algoritmi e la statistica per determinare il merito dei diversi touchpoint nella generazione di conversioni e ricavi sulla base dello storico dati relativi a impression, clic e conversioni.
Ma lasciamo stare gli algoritmi (che non è dato sapere come funzionano precisamente) e concentriamoci invece sui modelli che possiamo scegliere, impostare e confrontare autonomamente con l’obiettivo di trarne “conoscenza” utile per le nostre scelte future.
I modelli più diffusi sono:
- Ultimo clic: attribuisce il 100% del merito di una conversione all’ultimo clic che ha preceduto la stessa (anche se, per esempio, dopo l’ultimo clic l’utente è stato esposto ad un’altra inserzione, ossia ha effettuato un impression).
FYI: (Su Google esiste anche il modello “Primo clic”)
- Ultima interazione: attribuisce il 100% del merito di una conversione all’ultima “interazione” effettuata dall’utente con le nostre inserzioni (che sia essa un clic o un impression).
- “Pari credito” o “Lineare”: attribuisce lo stesso merito a tutti i touchpoint toccati dall’utente che ha effettuato una conversione, tenendo conto sia dei click che delle impression.
- Decadimento temporale: distribuisce il merito tra i diversi touchpoint in base a quanto sono “recenti” rispetto alla conversione. La prima interazione che ha condotto alla conversione avrà perciò, in percentuale, un’attribuzione del merito di gran lunga inferiore rispetto all’ultima interazione.
- In base alla posizione: attribuisce la maggior parte del merito (il 70% più o meno) al primo e all’ultimo touchpoint che hanno condotto l’utente alla conversione, e divide equamente la restante parte del merito (il 30% più o meno) tra i restanti touchpoint.
“Ok Lorenzo, ma dove vuoi arrivare?”
Voglio arrivare a dire che, qualunque sia il tipo di modello, ancora una volta, sarà assolutamente più accurato se si basa su una misurazione people-based.
Facciamo un esempio.
Prendiamo il modello “Pari credito” o “Lineare”, che pare molto democratico, e analizziamo le differenze nell’attribuzione del merito tra un sistema di misurazione cookie-based e uno people-based.
E mettiamo il caso che il percorso di conversione sia:
- Visualizzazione di un’inserzione su Facebook, da app mobile
- Clic su un annuncio della Rete Search di Google, dal pc personale
- Clic su un’inserzione Instagram, da mobile
- Visualizzazione di un banner Google Display, da tablet
- Clic su un’inserzione su Facebook, dal pc aziendale
- Conversione, dal pc personale
Ricordando nuovamente il fatto che consideriamo lo stesso modello di attribuzione “Pari credito” o “Lineare”:
- Un sistema di misurazione cookie-based attribuirebbe tutto il merito della conversione (100%) al solo punto 2.
Questo in quanto non è in grado di sapere che l’utente che ha fatto clic su quell’annuncio della Rete Search dal pc personale è lo stesso che prima aveva visto l’inserzione sull’app mobile Facebook, lo stesso che poi ha cliccato un’ad su Instagram, lo stesso che ha visualizzato un banner su tablet e lo stesso che ha cliccato su un’inserzione Facebook da un ulteriore device, il pc aziendale.
- Un sistema di misurazione people-based distribuirebbe invece il merito equamente (20% ciascuno) tra i 5 touchpoint che hanno preceduto la conversione.
Penso che non sia necessario sottolineare né la verosimiglianza di una customer journey come quella di esempio né la “cecità” del primo sistema di misurazione.
Questo cosa implica?
Pensa di dover prendere una decisione relativa a dove investire il tuo budget di marketing.
Se dessi credito al sistema di misurazione cookie-based la decisione sarebbe: “I social non servono a niente. Devo allocare tutto su Google perché è lì che la gente compra!”
Se invece avessi il secondo punto di vista, riuscirei a capire se la strategia multi-canale che ho messo in atto funziona e soprattutto potrei decifrare il ruolo dei diversi canali all’interno del mio funnel di conversione.
Perché la verità è che Google e Facebook non sono nemici, nemmeno lontanamente.
Sono canali diversi e complementari, canali che lavorano molto meglio in sinergia che da soli, canali che insieme concorrono a portarci le tante agognate conversioni molto più che singolarmente (lo abbiamo spiegato esaustivamente in questo articolo).
È quindi importante sapere di chi è precisamente il merito?
No. Non lo è affatto. Quello che è importante è che la nostra strategia (leggi “cervello”) sia meritevole, non che lo siano uno strumento o l’altro.
E questa è un’arma che ti fornisco nei confronti di quei clienti che: “Ma siamo sicuri che ci conviene investire su Facebook se poi le conversioni arrivano solo da Google?” o “Eh si grazie, Facebook si attribuisce le conversioni in base alla visualizzazione. Ma che senso ha? Cosa vuoi che conti un impression su Facebook?”.
Detto questo, immagino che tu ti stia chiedendo: “Va bene, Lorenzo. Molto interessante questo poema epico sui modelli di attribuzione.Ma mi dici dove trovo e come faccio a studiare modelli di attribuzione people-based?”
La risposta ce l’ho. E devi ringraziare Menlo Park, non me.
Da circa 2 anni infatti Facebook ha lanciato (e continua a ottimizzare) uno strumento ad hoc per rispondere alla tua sete di sapere: Facebook Attribution.
Facebook Attribution è appunto il tool people-based che Zuckerberg e soci hanno sviluppato per mettere a disposizione di tutti gli advertiser l’analisi dei diversi modelli di attribuzione.
Per rispondere ora alla seconda domanda che avrai sicuramente sulla punta della lingua in questo momento: sì, permette di analizzare e combinare i dati provenienti da (quasi) tutte le piattaforme pubblicitarie conosciute, non esclusivamente dall’ecosistema Facebook.
Facebook Attribution consente infatti di collegare allo strumento anche i tuoi account Google Ads, Bing Ads, Adition, Criteo, Outbrain, Pinterest, Taboola e chi più ne ha più ne metta.
È semplice da utilizzare?
No. È un tool avanzato e piuttosto complesso da settare correttamente. In più necessita che il vostro ecosistema di canali e tracciamenti sia vicino alla perfezione.
Vale la pena sbatterci la testa?
Assolutamente sì.
Può aprirti un mondo di conoscenza sul ruolo dei diversi canali che utilizzi nelle tue strategie di marketing, sulle customer journey dei tuoi clienti e, appunto, sulla MTA (Multi-Touch Attribution).
Stai dicendo che non dovrei più dar credito a Google Analytics e simili ma focalizzarmi solo su Facebook Attribution?
Assolutamente no.
Ogni strumento può fornirti una parte di conoscenza importante.
Ci sono analisi che Google Analytics permette di fare in maniera eccezionale (se sai usarlo bene). In più, tra l’altro, lo stesso Google sta facendo grandi passi avanti nella “direzione” people-based con “Attribution” e “Google Signal”.
Sto dicendo che è FONDAMENTALE considerare che oggi i percorsi di acquisto sono ben più complessi e articolati di un tempo e che quindi alcuni modelli di attribuzione tout court possono essere obsoleti o per lo meno non esaustivi.
E di conseguenza sto dicendo che, poiché l’argomento “attribuzione” si fa sempre più ampio e complesso, per lavorare a livelli professionali non è sufficiente lamentarsi del fatto che Facebook e Google ci danno dati diversi gridando al complotto, ma è necessario approfondire, approfondire e ancora approfondire fino a che un po’ di luce inizierà a illuminare anche per te questi meandri oscuri.
E non pensare. È un terreno di gioco complesso anche per me e i miei colleghi. Ma come diceva Leopardi “il naufragar m’è dolce in questo mare”.
Eccoci quindi alla fine del sermone.
La mia speranza è quella di aver fatto un po’ di chiarezza sul mondo in continuo divenire dell’attribuzione.
Grazie per essere arrivato fino in fondo. Lo apprezzo davvero.
Ciao Lorenzo, come al solito SUPER…
Per approfondire Facebook attribution cosa consigli ? Nel Corso Fb advanced pro non mi sembra ci sia materiale a riguardo
Grazie
Ciao Simone,
il modo migliore per approfondire Attribution è sporcarcisi le mani poiché è un tool complesso da settare.
Molto presto faremo dei contenuti specifici sull’argomento che potranno esserti utili.
Bravo Lorenzo bell’articolo.