
Il Quality Score delle tue Google Ads può migliorare il tuo ROAS


Di cosa parleremo oggi
Se sei nel mondo del PPC (Pay-per-click), specialmente Google Ads, avrai sicuramente sentito parlare di Quality Score (o QS).
Il QS influenza enormemente il costo e l’efficacia delle campagne pubblicitarie. Influisce sulla fruttuosità degli annunci e quanto un advertiser paga per ogni click.
Per questo è importante avere una conoscenza approfondita di questo argomento per poi metterlo a confronto con alcune delle metriche fondamentali analizzate da noi marketer.
Nell’articolo di oggi, in particolare, vedremo come il Quality Score è in grado di influenzare positivamente il ROAS delle campagne.
Cos’è il Quality Score?
Partiamo con l’analizzare il Quality Score.
Il QS è la valutazione data da Google alla qualità ed alla pertinenza delle parole chiave e degli annunci. Viene utilizzato per determinare il costo per clic (CPC) ed è utile per determinare il rank degli annunci nel processo di asta, cioè la posizione in cui appare l’annuncio. Il rank dell’annuncio influenza la quantità di esposizione e di clic che riceverà.
Sappiamo, quindi, che il Quality Score gioca un ruolo molto importante nel definire quanto l’advertiser paga per ogni click.
Un video ormai famoso di Hal Varian, Chief Economist di Google, ha chiarito un concetto fondamentale: il CPC è calcolato utilizzando la formula seguente.
Di conseguenza puoi intuire quanto sia importante padroneggiare il concetto di QS e capire come migliorarlo, per ottenere CPC “scontati”.
Usando questa informazione, insieme a qualche aritmetica di base, Craig Danuloff pubblicò due tabelle che illustrano il funzionamento del Quality Score di Google e la sua influenza sul CPC, come mostrato qui:
Da queste tabelle sono due i concetti chiari che emergono:
- Il risparmio medio e il maggior dispendio portati da QS alti (8, 9, o 10) o bassi (6 o meno), considerando 7 come un QS medio;
- Il costo o il beneficio economico di avere un QS che sale o scende di 1 punto.
Alla luce di ciò, e anche se i numeri effettivi delle tabelle non fossero totalmente corretti, il punto generale rimane di quello osservare gli effetti positivi e negativi del QS e il suo impatto sul CPC. Queste tabelle servono come una potente illustrazione del valore del QS.
Ci sono sicuramente differenti fattori coinvolti nel calcolo del CPC non rivelati da Google.
Il QS dipende da più variabili, tra cui:
- ll tuo click-through rate (CTR);
- La rilevanza di ogni parola chiave per il suo gruppo di annunci;
- La qualità e la rilevanza della pagina di destinazione;
- La rilevanza del testo dell’annuncio;
- La performance storica del tuo account Google Ads.
Questi sono i componenti principali del QS. Nessuno al di fuori di Google sa esattamente quanto “pesa” ogni fattore nel calcolo, ma sappiamo che la percentuale di clic è una componente molto importante.
Se molte delle persone che vedono il tuo annuncio lo cliccano, Google capirà che sono rilevanti e utili agli utenti.
Di conseguenza, verrai premiato con:
- Posizionamenti più alti degli annunci (miglior ranking);
- Costi più bassi.
Benefici del miglioramento del Quality Score in Google
Abbiamo compreso che il Quality Score ha una correlazione diretta sul successo che si può ottenere su Google Ads.
Ottimizzando i punteggi di qualità, ad esempio, sarà più facile ottenere un buon ritorno sull’investimento pubblicitario (ROAS).
Questo perché punteggi di qualità più alti sono correlati a minori CPC e quindi potenziali costi inferiori a parità di conversioni ottenute.
Il costo per conversione è correlato al costo per clic. Poiché non tutti i clic si traducono in una conversione, il costo per conversione è ovviamente influenzato dal costo per clic.
Fortunatamente, i punteggi di qualità forti abbassano il costo per clic e di conseguenza potenzialmente anche il tuo costo per conversione.
Cos’è il ROAS?
Abbiamo detto che un miglior QS può farci ottenere un ROAS migliore, ma di che cosa si tratta?
ROAS sta per “return on ad spend”, una metrica che misura la quantità di entrate che un’azienda ottiene per ogni euro speso in pubblicità.
Possiamo affermare che, in qualche modo, il ROAS misuri l’efficacia dei nostri sforzi pubblicitari.
In Google Ads possiamo misurare ed osservare il ROAS a diversi livelli:
- Livello di account;
- Livello di campagna;
- Livello di gruppo di annunci.
Finché sai quanto stai spendendo e guadagnando a quel particolare livello, puoi calcolare il ROAS.
Come si calcola il ROAS?
La formula per calcolare il ROAS è abbastanza semplice: ti basterà dividere il valore totale delle conversioni per i costi pubblicitari.
Il “valore delle conversioni” misura la quantità di entrate che il business ottiene da una determinata conversione. Se ci costa 20 euro di spesa pubblicitaria vendere un’unità di un prodotto da 100 euro (valore della conversione), il ROAS sarà pari a 5. Questo significa che per ogni euro speso in pubblicità, otterremo 5 euro.
In una strategia incentrata sul profitto (ricavi – costi), l’obiettivo è quello di raggiungere il più alto “scarto positivo” tra i ricavi ed i costi. Il margine di profitto complessivo di un business varia a seconda del settore e da una serie di altri fattori. Ovviamente il ROAS tiene in considerazione solo una parte dei costi aziendali, quelli pubblicitari, ma come advertiser potrebbe essere una buona pratica quella di massimizzare il nostro investimento.
Come usare il valore di conversione per calcolare il ROAS
Per misurare il ROAS e visualizzare questa metrica in Google Ads, è necessario aggiungere un valore alle azioni di conversione nell’account.
Ci sono diversi metodi per impostare il monitoraggio del valore di conversione ma non entreremo troppo nel dettaglio in questo articolo.
Ti basta sapere che se stai facendo pubblicità per un business ecommerce, l’impostazione di valori di conversione dinamici è spesso semplice ed è fondamentale conoscere il valore in euro dell’acquisto.
Se non stai lavorando ad un progetto e-commerce ma bensì a delle campagne di lead generation, sarà necessario un calcolo più manuale.
In questo caso, dovrai prendere in considerazione le metriche di post-conversione, come il tasso di conversione da lead a cliente effettivo del team vendita, così come il valore monetario medio che il cliente genera.
Ad esempio, diciamo che vengono convertiti in clienti il 10% di tutti i nuovi lead. Se ognuno di questi lead porta 1000€ di valore, allora, si moltiplica il valore per cliente per il tasso di chiusura del lead in cliente e si ottiene un valore di €100. In questo scenario, un CPA di 100€ porterebbe ad un ROAS di 1.0; un CPA di 50€ porterebbe ad un ROAS di 2.
L’impostazione del valore di conversione darà la possibilità a Google Ads di fornire un ROAS alle tue campagne.
Il ROAS, come abbiamo visto, non deve essere visto semplicemente come una metrica dell’e-commerce. Sia i marketer che lavorano su lead generation che quelli che lavorano sull’e-commerce possono usare questa metrica per prendere decisioni intelligenti e redditizie per il loro account.
Gli obiettivi possono differire tra le diverse campagne, ma gli obiettivi finali rimangono gli stessi: aumentare i tuoi profitti e permetterti di far crescere il business.
Come migliorare il ROAS
Vista la formula, per migliorare il ROAS di qualsiasi campagna, basterà quindi:
- Aumentare le entrate generate mantenendo il costo stabile;
- Abbassare il costo degli annunci mantenendo le entrate stabili;
- Aumentare le entrate abbassando il costo.
Come abbiamo visto il fattore chiave per avere CPC “scontati” e di conseguenza minori costi di advertising è quello di aumentare il QS. Di conseguenza possiamo passare alla domanda principale di tutto questo ragionamento.
Come aumentare il Quality Score?
Dal momento che il QS in Google Ads determina dove e quanto spesso appaiono i tuoi annunci, è importante lavorare costantemente sull’ account per migliorarlo.
Il consiglio è quello di concentrare i propri sforzi su diverse aree chiave:
- Ricerca di parole chiave. Scopri nuove parole chiave altamente rilevanti da aggiungere alle campagne, comprese opportunità di coda lunga che possono contribuire alla maggior parte del tuo traffico complessivo.
- Organizzazione delle parole chiave. Dividi le parole chiave in gruppi coerenti con gli annunci e la pagina di destinazione. In questo modo sarai in grado di offrire all’utente il contenuto perfetto per la sua query di ricerca.
- Ottimizzazione del testo dell’annuncio. Testa diverse combinazioni di titoli e descrizioni e trova il testo che è più pertinente con i gruppi di annunci. Annunci più efficaci ottengono un CTR più alto, uno dei modi migliori per migliorare il QS (non dimenticarti delle estensioni, spesso molto utili per aumentare il CTR).
- Miglioramento della pagina di atterraggio. Seguire le migliori pratiche per creare pagine che si collegano direttamente ai tuoi gruppi di annunci e fornire un’esperienza fluida e coerente ai i visitatori, dalla parola chiave alla conversione.
- Lavorare sulle parole chiave negative. Ricercare continuamente, identificare ed escludere termini di ricerca irrilevanti che stanno sprecando il budget è fondamentale anche per non rischiare di mostrare gli annunci ad utenti non interessati.
Come si può notare, il QS è principalmente una misura della rilevanza.
Bassi punteggi di qualità di Google Ads sono principalmente il risultato di una mancata pertinenza tra parole chiave, gruppi di annunci, testo dell’annuncio e contenuto della pagina di destinazione. Anche se non c’è una risposta facile e infallibile per migliorare la formula del QS, prestare attenzione alla pertinenza migliorerà notevolmente il tuo punteggio.
Di conseguenza potrai avere CPC minori e un possibile ROAS più elevato.
Ciao Maurizio,
l’articolo è molto interessante, razie.
Avrei una domanda su questo punto
“Organizzazione delle parole chiave. Dividi le parole chiave in gruppi coerenti con gli annunci e la pagina di destinazione. In questo modo sarai in grado di offrire all’utente il contenuto perfetto per la sua query di ricerca.”
E’ vero che la coerenza fra chiavi, annunci e LP è fondamentale, ma a volte (spesso per i business e-commerce monomarca ad esempio) dividere e gestire le chiavi in questo modo può comportare la frammentazione del traffico e la riduzione del numero delle impression.
Per ovviare a questo problema è nato il metodo Hagakure.
Tu cosa ne pensi?
Grazie,
un saluto,
Marina
Ciao Marina,
Hai sollevato un punto davvero molto interessante e ti ringrazio davvero molto per la domanda super pertinente.
Provo a darti la mia opinione su questo argomento partendo da alcune considerazioni:
Il metodo Hagakure è un “nuovo modo” di strutturare e ottimizzare le campagne per cercare di massimizzare i risultati sfruttando gli algoritmi di machine learning. In particolare si basa sull’uso di smart bidding e annunci di ricerca dinamica (DSA).
L’obiettivo è quello di semplificare la struttura dell’account per massimizzare la quantità di dati a livello di campagna. In questo modo, ogni campagna è composta da gruppi di annunci in grado di raccogliere abbastanza dati per alimentare l’algoritmo di apprendimento automatico.
In particolare, la cifra minima indicata da Google è di 3.000 impressioni settimanali per gruppo di annunci.
Per raggiungere questo volume e poter approfittare dello smart bidding, Google raccomanda tre passi:
1. Strutturare l’account prendendo come riferimento gli URL di destinazione invece delle parole chiave
2. Dare la priorità a tipi di corrispondenze broad che riescono ad attrarre più volume rispetto ad altre (exact) che sono limitanti
3. Utilizzare DSA per catturare le ricerche che non stiamo coprendo con il resto degli annunci ipoteticamente
Ritengo quindi sia giusto fare una distinzione: se si tratta di un account nuovo oppure un account con storico.
Spesso nella creazione di campagne su un account nuovo è “rischioso” partire con una struttura di questo tipo (che si basa sul ML) in quanto non c’è storico. Ovviamente da buon San Tommaso 🙂 ho provato ed ho notato che le campagne fanno davvero difficoltà a partire o addirittura rimangono bloccate (giustamente).
Mentre quando si entra su un account già strutturato ritengo davvero fondamentale il passaggio di studiare a fondo la struttura attuale.
È essenziale capire perché l’account è stato strutturato in quel modo e studiare le variabili che lo spiegano, come il margine di profitto di ogni prodotto, come influiscono le località geografiche o con quali prodotti di punta lavora, ecc.
Seguendo il tuo esempio in ambito e-commerce provo a fare alcune considerazioni. In precedenza, la struttura di un account e-commerce sarebbe stata divisa in numerose campagne e gruppi di annunci.
Con Hagakure, la ristrutturazione dell’account sarebbe basata sulla riduzione del numero di campagne per operare sotto un “ombrello” di ricerca più ampio.
Se questo ipotetico e-commerce ha definito margini di profitto diversi per due categorie differenti di prodotti, questo potrebbe essere, ad esempio, il criterio da utilizzare per ridurre il numero di campagne e centralizzarle.
Poi, all’interno di ognuna delle campagne, sarebbe necessario andare a fare un analisi sui dati storici per rilevare quali gruppi di annunci soddisfano la premessa di 3.000 impression settimanali. Questi possono essere mantenuti indipendentemente, mentre quelli con volumi inferiori dovrebbero essere raggruppati.
Per il mondo e-commerce, bisogna inoltre valutare come questo metodo si “incastra” all’interno di una struttura dove probabilmente sono presenti campagne shopping (ipoteticamente smart) e performance max. Va tenuto in considerazione che anche le shopping “recuperano dati” dalla SERP quindi entriamo in un discorso molto complesso, credo che l’unica soluzione sia testare.
In ogni caso è importante pianificare attentamente questa fase e definire bene gli obiettivi. Una volta avviata la campagna di smart bidding, il sistema ha bisogno di un periodo variabile (si potrebbe attestare intorno a circa due settimane) per imparare e stabilizzarsi. Durante questo periodo, è probabile vedere un rendimento irregolare, ma bisogna essere pazienti e lasciare che l’algoritmo operi, passeremo dopo all’ottimizzazione.
Riassumendo, ritengo in generale utile operare con l’idea di avere una giusta pertinenza tra le parole chiave, annunci (magari ottimizzando il “ping” sui titoli negli annunci adattabili) e la pagina di destinazione. Il nostro obiettivo come advertiser è quello di offrire all’utente il contenuto perfetto per la sua ricerca e con il metodo Hagakure continuiamo a farlo, ma semplicemente ci facciamo aiutare dagli algoritmi di Google.
Tu che ne pensi?
Maurizio